Il sacerdote monaco, padre degli orfani rumeni | Caritas Sant'Antonio ONLUS

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Il sacerdote monaco, padre degli orfani rumeni

La storia di Padre Ireneo Barle che parte da una comunità ortodossa e finisce nei pensieri di madre Teresa di Calcutta

Data di pubblicazione: 27/09/2017

Non è immediato entrare in sintonia con padre Ireneo Barle, 47 anni, il viso serafico, la lunga barba dei preti ortodossi. C’è qualcosa di insolito in lui. Ma cosa? All’inizio ti colpisce il particolare strano: ha una minuscola chiesa piena di icone dorate nel cuore della Transilvania, in Romania, a Prislop, un paesino di 350 anime. «L’ha decorata un artista che scrive la Parola di Dio con i colori – spiega –, per arrivare a dirci che la vera bellezza è quella che l’occhio non vede». Un altro elemento si aggiunge al puzzle: Padre Ireneo parla parole senza materia. Un visionario? Un santo? Un folle? Poi scopri che ha tanti figli (più di cento), «sbattuti fuori», a 18 anni, dagli orfanotrofi lager della Romania. E non capisci come faccia un uomo che sembra nato per la meditazione e la preghiera a essere anche un padre in carne e ossa. «Siamo una famiglia, una vera famiglia» ci tiene a precisare. Ma le «stranezze» non finiscono qui. Ireneo è uno «ieromonaco», cioè un sacerdote-monaco, ed è l’unico cattolico del suo paesino. La chiesetta dorata l’hanno costruita suo padre e sua madre, entrambi ortodossi, come del resto tutti gli abitanti di Prislop.

Che ci fa allora un pastore con un popolo che non è il suo, con una missione che non è la sua nel cuore della Transilvania? «Dio scrive dritto sulle righe storte degli uomini», diceva Madre Teresa. «Da sempre sognavo di diventare sacerdote – racconta Ireneo –. Nel 1990 ho capito che la comunione con la Chiesa cattolica era la mia strada. Così sono entrato nella Chiesa Romena Unita a Roma (greco-cattolica), conservando il mio patrimonio ortodosso. Ho deciso di rispondere all’appello di Giovanni Paolo II, che voleva far rinascere la spiritualità monastica orientale nei territori dell’ex Unione Sovietica». Per la sua famiglia è un doppio shock: «I miei pensavano che sarei diventato un sacerdote ortodosso sposato e avrei continuato la mia stirpe». La sua nuova appartenenza rischia, inoltre, di infrangere la serenità del paesino. Prima del ’48, Prislop era a maggioranza cattolica. Il regime comunista ha eliminato fisicamente la Chiesa Romena Unita e ceduto i suoi beni alla Chiesa Ortodossa. «Per il bene di tutti, i miei decisero di assecondare la mia vocazione e costruirono la chiesa».

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